E’ per dire no alle vendite sottocosto e no alle aste a doppio ribasso che nei giorni scorsi sono intervenuta nella discussione generale sulla proposta di Legge del Partito Democratico (A1549 Cenni ed altri ) che mira a regolamentare e vietare meccanismi e pratiche di concorrenza sleale nella vendita di prodotti agricoli e agroalimentari .
Una legge che vuole garantire maggiore trasparenza, certezza nella definizione dei prezzi e soprattutto garantire una retribuzione adeguata all’agricoltore. Aste on Line al doppio ribasso mettono infatti i produttori in condizione di offrire prezzi così bassi che hanno come diretta conseguenza il rivalersi sull’anello più debole, cioè sui lavoratori agricoli.
Abbiamo affrontato tema del sottocosto nell’articolo 1. Abbiamo deciso, anche a seguito di un confronto con diversi attori della filiera, di non vietarlo, ma piuttosto regolamentarlo in particolare per prodotti alimentari freschi e deperibili. Si tratta infatti di un elemento che favorisce una illegalità diffusa; è il settore, come dicevo prima, dove finiscono per soccombere sempre i più deboli e questo vale a maggior ragione per le vendite all’asta con doppio ribasso, affrontato, poi nell’articolo 2, di cui si chiede espressamente il divieto.
Un esempio emblematico è quello rappresentato da un prodotto di largo consumo, il pomodoro, che, di fatto, è diventato solo un prodotto merce e di una catena che non molto tempo fa ha acquistato a 31,5 centesimi l’una venti milioni di bottiglie di passata. Cifra raggiunta con un’asta a doppio ribasso; quindi, con un sistema di contrattazione non trasparente che penalizza la filiera produttiva. Le aste a doppio ribasso, lo ricordiamo, si affidano infatti a due gare e la base d’asta della seconda è il prezzo minore raggiunto durante la prima. Così, è tutta la filiera che si impoverisce e così si finirà per favorire un fenomeno che invece abbiamo cercato, anche a livello legislativo, di fermare, come il caporalato, costringendo i produttori a tenere il più basso possibile, soprattutto, il costo del lavoro. Sono gli stessi produttori che lo dicono.
Ma un effetto che questa legge conta di raggiungere è sicuramente il sostegno alle filiere etiche. L’articolo 5, infatti, mette in campo un sistema di agevolazioni fiscali e di accesso ai fondi per quelle imprese che concorrono a realizzare progetti che creano filiere etiche di produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari. Ma anche quelli che sono in grado di certificare l’applicazione dei contratti nazionali collettivi, creando così, oltre a buoni prodotti, buona occupazione.
Si tratta insomma di una legge che va a incontrare oltremodo una sensibilità sempre più diffusa e attenta dello stesso consumatore verso l’acquisto di prodotti etici che siano rispettosi dell’ambiente, della legalità e dei diritti dei lavoratori.